Riforme, sì all'articolo 21 sull'elezione del presidente della Repubblica

Riforme, sì all'articolo 21 sull'elezione del presidente della Repubblica
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Mercoledì 7 Ottobre 2015, 08:44 - Ultimo aggiornamento: 8 Ottobre, 21:02

Sì del Senato all'art.21 del ddl Boschi sulle riforme, che riguarda le modalità di elezione del Presidente della Repubblica. I sì sono stati 161, i no 3, gli astenuti 5.

I senatori della Lega sono usciti dall'Aula prima del voto sull'art.21 del ddl Boschi. I 5 Stelle invece sono rimasti in Aula senza però partecipare al voto al grido di «vogliamo guardare in faccia l'uccisione della democrazia».

La discussione

I primi due emendamenti sono stati respinti rispettivamente con 101 sì, 162 no e 2 astenuti, 104 sì 154 «no» e 3 astenuti.

Momento di ilarità sul terzo emendamento, presentato e poi ritirato dal senatore del Pd Roberto Cociancich, autore dell'emendamento Canguro all'articolo 2, contestato come apocrifo dalle opposizioni: dopo il ritiro da parte di Cociancich, il leghista Roberto Calderoli lo ha fatto proprio: «Lo sottoscrivo - ha detto suscitando l'ilarità delle opposizioni - così almeno la firma è sicura». Il testo è comunque stato bocciato con 96 sì, 167 «no» e 6 astenuti.​

La minoranza Dem ha ritirato tutti gli emendamenti presentati all'art.21, quello che riguarda il quorum per l'elezione del presidente della Repubblica. Lo ha annunciato in Aula Miguel Gotor dopo la riunione del Pd in cui è stato raggiunto un accordo su questa norma e su quella transitoria.

L'aula del Senato ha approvato gli articoli 12 (due voti segreti), 13, 14 e 17 del ddl Boschi, ma l'emendamento della senatrice della minoranza Dem Nerina Dirindin ha diviso il gruppo del Pd e la stessa minoranza. In 14 hanno votato a favore della proposta di modifica che vorrebbe la delibera sullo stato di guerra votata a "maggioranza assoluta dei componenti" della Camera, mentre in 5 non hanno votato. In soccorso della maggioranza hanno votato 28 forzisti e la richiesta di modifica è stata respinta.

Il primo voto sul ddl Boschi ha visto la maggioranza a quota 145, uno dei risultati più bassi da quando si è cominciato ad esaminare il testo. Nelle votazioni successive la maggioranza è poi scesa fino a 143.

«Vergognoso. Vanno avanti con poco più di 140 voti. Così non si riscrive la Costituzione. Siamo all'esproprio delle istituzioni», dichiara il senatore Maurizio Gasparri (FI).

Le opposizioni intanto scrivono al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per chidere il suo intervento sul tema delle riforme costituzionali.

«Il combinato disposto di questa revisione costituzionale unilaterale e di una legge elettorale che consegna a una singola lista un'ampia maggioranza in Parlamento, delinea un possibile deficit democratico». Lo si legge nella lettera che le opposizioni al Senato stanno mettendo a punto per denunciare e ribadire la «mancanza di confronto» imposta da governo e maggioranza.

«L'assenza di un clima di confronto che sarebbe doveroso in un passaggio fondamentale di una Repubblica parlamentare, sta determinando un testo costituzionale non privo di errori materiali, incongruente nelle sue diverse parti e in aperta contraddizione - continua la lettera - con quei principi fondamentali, richiamati anche recentemente da pronunciamenti della Corte Costituzionale».

«Dobbiamo rilevare il venir meno del ruolo di arbitro super partes del presidente del Senato che, esprimendosi costantemente a favore delle istanze della maggioranza, ha portato a gravi violazioni del regolamento in merito alla presentazione degli emendamenti, in particolar modo quelli sottoposti a voto segreto sulla delicata materia delle minoranze linguistiche, pregiudicando così la corretta gestione dell'aula», si legge ancora nella lettera.

Nel pomeriggio sono previste le riunioni dei gruppi di opposizione che dovranno approvare il testo e dare il via libera alla trasmissione del testo al Quirinale. La Lega Nord, a quanto si apprende, ha già dato un parere favorevole.

«Il mio gruppo ha già scritto una lettera a Mattarella sul tema delle riforme costituzionali: a rischio non è solo la democrazia ma anche l'impunità perché la riforma Renzi-Verdini darà l'immunità a sindaci e consiglieri». Così il vicepresidente della Camera M5s Luigi Di Maio. A Renzi, ricorda Di Maio «ho chiesto tre cose: eliminare i vitalizi, eliminare l'immunità parlamentare ed eliminare la possibilità di cambiare casacca. Tre modifiche da mettere in Costituzione. Renzi ci ha detto di no. Ora sta approvando una riforma per salvare la casta: se la voti allora da solo insieme al suo degno alleato Verdini e a quei villani dei senatori che fanno gesti sessisti verso le nostre senatrici».

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