L’intesa Fi-Pd, le incognite del patto a due nella giungla dei peones

di Alessandro Campi
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Martedì 16 Settembre 2014, 23:02 - Ultimo aggiornamento: 23:45
La situazione è grave, come certificano tutti gli indicatori economici e come mostra lo stato fibrillante delle nostre istituzioni. Ma quel che appare ancora più grave, quasi disperante, è l’idea che dal tunnel in cui siamo precipitati si possa uscire grazie all’accordo che, con lungimiranza e senso della responsabilità, hanno sottoscritto mesi or sono Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Vi pare politicamente credibile?

Sul “Patto del Nazareno” molto si è scritto e molto si è congetturato. Non esistendo una versione ufficiale o pubblica dell’accordo, si sono ipotizzate clausole segrete in materia di giustizia o di Presidenza della Repubblica, magari suggellate da un’intesa verbale o da un semplice cenno del capo tra i due contraenti. A sinistra qualcuno l’ha considerato alla stregua di un tradimento o, più semplicemente, di un passo falso: perché riaccreditare il leader della destra, per di più un condannato in Cassazione, nel momento della sua massima debolezza? A destra lo si è invece valutato come un gesto coraggioso nel segno della pacificazione, dopo vent’anni all’insegna della reciproca delegittimazione.

A molti osservatori neutrali è parso invece un’astuzia tattica dettata dalla reciproca convenienza di due capi politici dal carattere e dalla mentalità assai simili: uno arrembante grazie all’età, l’altro sulla difensiva per le troppe disavventure personali e giudiziarie, uno desideroso di sbaragliare il suo campo, l’altro intenzionato a non mollare la presa sulla sua creatura.



Entrambi, però, outsider con uno spiccato gusto per l’avventura e dalla personalità assai forte. Più che un accordo politico tra avversari, sembrerebbe un passaggio di testimone nel segno della medesima ambizione: cambiare l’Italia con uno sforzo solitario e lasciare la propria impronta nella storia.

Ma la vera domanda, al di là delle intenzioni psico-politiche che lo hanno determinato (e che giudicheranno i posteri), è quale sia la sua effettiva solidità dal punto di vista pratico. Prima che alla prova della storia, reggerà a quella dell’incalzante cronaca italica? Sin qui il Patto del Nazareno sembra aver tenuto. Ha consentito una convergenza tra le parti su alcuni temi rilevanti, a partire dalla materia istituzionale. Ma la stagione di riforme radicali illustrata ieri dal Capo del Governo, che dovrebbe durare per l’intera legislatura e cambiare volto all’Italia, quanto potrà contare su una maggioranza parlamentare larghissima e sull’intesa perenne tra Forza Italia (un partito che si proclama liberale) e Partito Democratico (un partito che si vuole socialista e riformista)?

La mancata elezione, ieri sera (dopo undici votazioni d’aula!), dei due nuovi giudici costituzionali è il segno forse più evidente che l’intesa tanto enfatizzata comincia a scricchiolare. Ma i malumori all’interno dei due schieramenti vanno avanti da settimane. Senza contare la logica stessa della politica, che vive di separazioni e distinzioni e rigetta le unioni innaturali o troppo meccaniche.

All’interno di Forza Italia comincia ad apparire chiaro che se l’intesa con Renzi conviene personalmente a Berlusconi, che tanto tiene alla sua agibilità pubblica e al suo impero mediatico, conviene assai meno al mondo che socialmente quel partito dovrebbe rappresentare in Parlamento. Il Patto ha come cristallizzato il centrodestra nelle sue divisioni interne, ne ha bloccato ogni possibile evoluzione, ne ha depotenziato il carattere di opposizione e dunque la credibilità agli occhi degli elettori. Dopo aver sposato le ricette istituzionali del governo e avergli promesso sostegno sulla politica estera, se ne sosteranno anche i provvedimenti economici? L’idea di una riforma della giustizia condivisa, che certo sarebbe un traguardo storico, può giustificare un accordo che riguardi anche le politiche scolastiche, quelle sull’immigrazione, il tema dei diritti civili, la visione dell’Europa? Qual è, a questo punto, la linea distinzione tra destra e sinistra? Si è forse deciso di puntare sulla divisione tra sistema e antisistema e lasciare dunque a Grillo il monopolio della critica e dell’opposizione in parlamento? Se a Berlusconi piace tutto ciò che fa Renzi perché gli elettori del primo, affezione personale a parte, non dovrebbero risolversi a votare il secondo?

Nel centrosinistra, invece, si teme sempre più che l’apertura renziana verso Berlusconi, oltre che moralmente dubbia e avventata, possa alla lunga risolversi in uno spaventoso boomerang politico, in uno di quei karakiri che sono la specialità storica dei progressisti italiani. Con l’economia in recessione, con una situazione dei conti pubblici che non accenna a migliorare, quanto possono resistere il carisma di Renzi e la sua capacità affabulatoria? E quanto ci si può fidare sino in fondo del Cavaliere? Guai inoltre a credersi più furbo di un campione in scaltrezza, come talvolta il Presidente del Consiglio lascia ad intendere. Sarebbe davvero uno sberleffo della storia se, dopo averlo rilegittimato come interlocutore, Renzi, indebolito da una crisi che non accenna a finire, dovesse trovarsi dinnanzi Berlusconi o chi per lui come un contendente alle elezioni nuovamente con possibilità di vittoria.

Per chiudere, una nota ironica su quanto si è sentito ieri in Parlamento per bocca di Renzi. L’immaginario populista – che egli condivide con Berlusconi e che forse è ciò che spiega le loro convergenze – si è ufficialmente arricchito di una nuova figura: il “professionista della tartina”. Il nemico interno, colui che porta la responsabilità della crisi, dunque non è solo il burocrate che rema contro il governo o non fa il suo dovere, il professorone che pontifica dall’alto della sua arida sapienza o il gufo-rosicone che sempre si augura il peggio per il Paese. C’è da guardarsi le spalle anche da chi nei party, mentre l’Italia affonda e gli italiani sgobbano, addenta due fettine di pancarrè farcite con maionese e salmone. Sono costoro i più subdoli e pericolosi. Ma con Renzi, ora che sono stati messi a nudo, avranno anch’essi vita durissima.