Neocolonialismo e voto/ L’occasione imperdibile di rifondare i patti sull’euro

di Marco Fortis
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Lunedì 26 Gennaio 2015, 23:08 - Ultimo aggiornamento: 27 Gennaio, 00:17
La Grecia di Tsipras ha davanti a sè un’occasione imperdibile per indebolire la leadership tedesca in Europa e ribaltare rapporti di forza che, dalla sua nascita, hanno finito con lo snaturare l’euro. Atene diventa perciò il banco di prova su cui si misurerà la capacità (e l’auspicabile eventuale saggezza) di Berlino, Bruxelles e Francoforte di comprendere definitivamente la gravità della crisi del vecchio Continente e di cambiare atteggiamento.



Nessuna apocalisse si è verificata con il voto di domenica, come qualcuno aveva paventato in Germania o a Bruxelles. Ma semmai si è levato un chiaro e netto no al neocolonialismo che in questi anni ha mostrato il volto del grande capitale finanziario. In una parola, si è ribaltato il principio in base al quale l’esercizio della sovranità popolare andrebbe subordinato al rispetto di dogmi (dal rigore finanziario agli squilibri strutturali tra Paesi creditori e debitori) spacciati per criteri di equità se non addirittura di superiorità etica.



Insomma, il governo Tsipras - pur al netto delle incognite con cui cercherà di tradurre in ricette economiche il mandato popolare - può adesso riequilibrare rapporti di forza altrimenti bloccati ai tavoli intergovernativi e sfuggire alla morsa letale della Troika. Le ragioni per le quali Atene può diventare apripista di un nuovo ciclo che ricontratti la governance europea e metta in discussione quello che è stato definito «il patto scellerato» alla base dell’euro, sono sotto gli occhi di tutti.



La Gran Bretagna sembra allontanarsi sempre di più dal resto dell’Ue, mentre si sono accumulati nella Ue profondi dissesti e malcontenti sociali, nonché rischi di frammentazione politica, economica e finanziaria, a causa delle politiche troppo rigide di austerità di questi anni, che rischiano ora di mettere a repentaglio lo stesso progetto europeo.



Syriza ha clamorosamente vinto le elezioni in Grecia, sia pure senza la maggioranza assoluta. Il suo leader Tsipras ha dovuto perciò allearsi con la Destra dei nazionalisti dell’Anel per costruire un nuovo esecutivo e lanciare il suo guanto di sfida all’Europa e a Berlino. Tsipras ha alzato molto la voce contro l'austerità nelle ore precedenti la consultazione elettorale perché aveva assoluto bisogno di accendere gli animi e di raccogliere una grande affermazione politica, che puntualmente è arrivata. Mentre la Merkel avrà anch’essa bisogno di sembrare molto dura sulla questione del rispetto degli impegni presi dalla Grecia con la Troika, perché la stessa cancelliera tedesca deve ormai fare i conti quotidianamente col suo elettorato, sempre più arroccato nella sua ideologia del rigore ed ora persino più “esasperato”, se possibile, dopo il varo del Quantitative easing della Bce (deciso a larga maggioranza da Mario Draghi, con l’opposizione del presidente della Bundesbank Weidmann). Si profila dunque un durissimo muro contro muro europeo sul fronte greco?



Soltanto i prossimi giorni ci diranno fino a che punto il nuovo Governo di Atene intenderà spingere il suo braccio di ferro con Bruxelles e fino a che punto l’Ue e la Germania mostreranno la faccia feroce nel rispondere di no alle richieste di Atene sull’attenuazione dell’austerità. Può darsi, infatti, che Tsipras, una volta preso il comando del proprio Paese, attenui le sue richieste sul taglio del debito. E che la politica dell’Ue a forte connotazione tedesca mostri una lungimiranza superiore a quella che hanno lasciato trasparire le prime dichiarazioni diplomatiche di facciata («siamo pronti a collaborare col governo greco») e dei più strenui difensori euro-germanici o filo-germanici del rigore contro le pretese di Tsipras.



L’Italia a sua volta sta alla finestra, con un apparente distacco dietro il quale però traspare una certa soddisfazione. La vittoria di Tsipras, infatti, è una conferma delle tesi di Renzi secondo cui troppa austerità e poca crescita potrebbero portare all’implosione dell’Eurozona e che quindi è necessario un urgente cambiamento delle regole, con un maggiore equilibrio tra rigore finanziario e sviluppo. La vittoria di Tsipras può quindi aiutare l’Italia e altri Paesi a far pendere il piatto della bilancia dalla parte delle sue tesi. Ma l’Italia chiede un cambiamento delle attuali regole dell’Eurozona rispettandole e continuando a fare le riforme a tappe forzate, come ha ben spiegato Renzi alla Merkel in occasione del recente incontro di Firenze. La più radicale posizione di Tsipras a rifondare il patto sull’euro può dunque aiutare il riequilibrio.



A differenza della Grecia, soltanto un terzo circa del debito pubblico italiano è oggi in mani straniere (meno, cioè, del debito tedesco o francese), mentre il debito pubblico greco è per la maggioranza sostenuto da investitori esteri. I quali prima della crisi erano prevalentemente “privati” (banche e fondi) mentre ora, dopo la parziale ristrutturazione del debito di Atene, sono per la maggior parte “pubblici”, cioè Stati nazionali, Bce, Fmi, a cui è rimasto il cerino acceso in mano. Anche in questo paradosso sta una grande colpa delle leadership e delle élite della Germania, inclusi i giornali tedeschi che, dalla Baviera fino ad Amburgo e al Baltico, alimentano continuamente un diffuso vittimismo demagogico tra la propria gente: aver fatto credere al popolo tedesco che il Sud Europa “affama” la Germania, che il debito pubblico dei Paesi del Mediterraneo è una “bomba atomica”, che anche Draghi, adesso, con il Qe deprimerà e metterà a repentaglio i risparmi dei tedeschi. Mentre la verità è un’altra e completamente diversa. A cominciare dal fatto che la Germania si è straordinariamente arricchita (non impoverita) con l’euro e l’Eurozona. E che l’Italia, che i tedeschi continuano a immaginare come un “problema” dell’Europa, ha contribuito pesantemente a salvare la Grecia e quindi le stesse banche tedesche che vi erano fortemente esposte mentre le nostre banche non lo erano affatto.



Per molte ragioni, la Grecia di Syriza è dunque oggi l’ultima occasione per Berlino per comprendere l’irrazionalità della sua linea politica ed economica in Europa. Mentre per la Commissione Europea del nuovo Presidente Juncker il ciclone Tsipras è la dimostrazione scioccante che se il piano europeo di investimenti non parte in fretta e con risorse adeguate che arrivino giù fino agli angoli più profondi del Peloponneso, la stessa euro-burocrazia di Bruxelles sarà la prima vittima dell’austerità e della mancata crescita.