Germania infelix se il tedesco scopre che esiste l’errore

di Mario Ajello
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Sabato 28 Marzo 2015, 23:09 - Ultimo aggiornamento: 29 Marzo, 10:35
Winston Churchill, che era un genio, aveva capito tutto dei tedeschi di ieri e di oggi: «È ben noto che nessun popolo è più preciso dei tedeschi nella pianificazione delle cose».



«Ma ugualmente nessun popolo può risultare maggiormente sconvolto, quando i suoi piani falliscono». Basti guardarli adesso i tedeschi, alle prese con la geometrica perfezione che è venuta clamorosamente meno, sotto gli occhi del mondo, in questa vicenda del pilota suicida e della strage che ha provocato. Sbandano, si contraddicono, non trovano il filo della cosa anzi lo conoscono ma non sanno come gestirlo e si scoprono impreparati e pasticcioni - in una vicenda che è drammatica - e ciò li fa soffrire al massimo grado. Germania infelix, ecco.



La differenza tra noi e loro, una delle tante, è che in Italia sei sano (si fa per dire) e ti fai fare il certificato di malattia per non lavorare, mentre in Germania un pilota depresso e malato (un pilota con problemi agli occhi non s’è visto neppure nell’«Aereo più pazzo del mondo») straccia il certificato pur di andare a lavorare (e in questo caso a provocare un disastro). E tuttavia, alla faccia della teutonica efficienza, in questa vicenda c’è la Lufthansa che rilascia attestati di eccellenza a un pilota così e gli fa passare tutti i controlli quando era chiaro che una persona di questo tipo era la più inadatta ad avere la responsabilità di centinaia di passeggeri.



Tanto è vero che aveva dovuto sospendere le esercitazioni di volo, a causa della depressione. E insomma i medici pasticciano, la compagnia chiude un occhio, non si sa chi deve decidere e prima è andata in tilt evidentemente la trasmissione interna delle informazioni e ora va in scena in mondovisione lo scaricabarile che non dovrebbe essere specialità tedesca e invece in queste ore lo è diventata. In un Paese che improvvisamente si scopre malato e debole, e non sa come uscire da questa condizione sconcertante, quale pillola prendersi, quale terapia seguire di fronte allo choc di essersi ritrovata come un gigante dai piedi d’argilla.



Il rigore che non consente flessibilità, anzi che non la prevede, poi produce debolezza nel gestire i momenti di difficoltà e nell’approccio ai problemi che sono dentro un Paese così forte ma anche così fragile. Basta vedere Angela Merkel. Molto sicura nel modo con cui tratta Tsipras, la Grecia e i suoi problemi e in generale i problemi dell’Europa, e imprevedibilmente incerta, balbettante, spaesata, quando è andata sul luogo della tragedia provocata da Andreas Lubitz.



Il fatto è che la Germania non poteva credere che il proprio corpo contenesse un male. E non si era accorta fino in fondo - ma alla luce degli incredibili pasticci e delle follie dei mancati controlli che stanno a monte della tragedia adesso lo sa - quanto avesse ragione Heinrich Heine, il poeta che meglio ha saputo capire quel popolo: «Questo è il bello di noi tedeschi. Che nessuno è tanto pazzo da non trovare uno più pazzo che lo comprenda».