Necrologio offensivo: condannati l'autore e il direttore del giornale il Resto del Carlino

Necrologio offensivo: condannati l'autore e il direttore del giornale il Resto del Carlino
2 Minuti di Lettura
Venerdì 22 Maggio 2015, 08:57 - Ultimo aggiornamento: 25 Maggio, 13:24
L'autore di un necrologio ritenuto offensivo e il direttore del Resto del Carlino, che lo pubblicò, sono stati condannati rispettivamente a un anno e otto mesi.

Le condanne, con sospensione della pena, decise dal giudice del tribunale di Bologna Milena Melloni, sono relative ad un processo per diffamazione all'ex marito della figlia di un professionista, morto a 88 anni, a dicembre 2009.



Il necrologio, più che un ricordo del defunto, era un elenco pubblico dei suoi peccati. Pubblicato la vigilia di Natale 2009 sul Resto del Carlino, edizione di Bologna, iniziava come una preghiera: «Ti raccomandiamo, Signore, l'anima fedele del nostro fratello... perchè lasciato questo mondo, viva in te». Poi proseguiva: «Nella tua clemenza cancella le spietate barbarie, le grandi e crudeli cattiverie contro persone deboli che non si potevano difendere, che ha commesso per la fragilità della condizione umana e concedigli il perdono e la pace».



I familiari fecero querela e le indagini del Pm Alessandra Serra hanno portato al processo per l'uomo, Lorenzo Stradaioli (che ha già una condanna definitiva per diffamazione nei confronti dell'ex suocero), per il direttore del Resto del Carlino, Pierluigi Visci, per omesso controllo, e per il dirigente della concessionaria. Assolto invece il dirigente della concessionaria pubblicitaria che si occupa anche degli annunci.



Per ciascuna delle sei parti civili costituite il giudice ha anche disposto una provvisionale di cinquemila euro. «Volevano difendere l'onorabilità del loro parente e hanno avuto soddisfazione», ha detto l'avvocato che le ha rappresentate in aula, Alfonso Marra. «Sono stupito - ha commentato l'avvocato Duccio Cerfogli, difensore di Stradaioli - perchè il significato di quelle parole andava letto nel contesto di una preghiera, in cui si chiedeva il perdono per il defunto».
Il suo assistito ha anche letto in aula una lettera per i parenti, chiedendo scusa se qualcuno si era sentito offeso. «Attendo di conoscere i motivi che hanno portato il giudice a questa decisione - ha aggiunto il legale - ritengo che serva un appello per rivisitare la vicenda con un'altra chiave di lettura».
© RIPRODUZIONE RISERVATA