Rai, primo Cda sulle deleghe ai vertici. Si rischia un ritorno ai vizi del passato

Rai, primo Cda sulle deleghe ai vertici. Si rischia un ritorno ai vizi del passato
di Mario Ajello
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Martedì 1 Settembre 2015, 22:58 - Ultimo aggiornamento: 23:58
Vogliono la stanza singola, la segretaria, l’auto blu o almeno l’autista da usare a turno (ed è facile immaginare la rissa: oggi era mio e me lo hai rubato!»). Vogliono benefit (il ripristino della carta di credito aziendale e dei rimborsi spesa?), status e appannaggi di potere come in Rai, prima dell’epoca Tarantola-Gubitosi, era normale ma poi non più tra esigenze di spending review e di decenza. E dunque, i membri del Cda, anche quelli targati Pd, cominceranno oggi - nella prima riunione con la presidente Monica Maggioni e il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto che domani vedrà i direttori di rete - la loro battaglia. Che proprio il più renziano di tutti, Guelfo Guelfi, amico di famiglia del premier, imposta così: «Noi del Cda avremo una stanza al Settimo Piano di Viale Mazzini? Certo che sì». Questo si vedrà, anche se lo spettro della coabitazione (nel Cda uscente la Tobagi e Colombo ”smezzavano”, come si dice a Roma, gli spazi e così anche Pilati e la Todini) fa paura a tutti. Problema di comodità e di rango? Macchè, come al solito in Italia ”il probbblema è politico...”. Infatti Arturo Diaconale, consigliere in quota centrodestra, spiega: «Dato che lo Stato assegna al Cda compiti molto importanti, mi sembra normale che questo organo disponga di strumenti adeguati».



GEOPOLITICA La stanza, ecco, e tutto il resto. Strumenti che, già da subito, sembrano dover servire a una battaglia campale: impedire che il tandem Maggioni-Campo Dall’Orto, che subito hanno trovato sintonia, porti la Rai fuori dalle pastoie e dai condizionamenti della solita politica, ossia da quelle paleo-logiche vigenti prima dell’epoca Tarantola-Gubitosi. E qui torniamo al punto, che non è soltanto simbolico: perchè i consiglieri di amministrazione di Poste o di Eni non hanno il loro ufficio in sede e alla Rai questo privilegio spagnolesco deve tornare ad esistere? Forse perchè la politica non può televisivamente lasciare campo libero a Campo Dall’Orto?



La prima battaglia, da oggi, sarà proprio sull’assegnazione delle deleghe alla presidente e al direttore generale. Riusciranno - al grido: «Non siamo qui per fare i turisti in visita a Roma Prati!» - i nuovi membri del Cda a riprendersi alcuni poteri che nella gestione precedente erano stati delegati alla coppia di comando? Se il salto all’indietro riuscirà, sarà un balzo archeologico verso l’epoca della spartizione politica di ogni poltrona e del mercato delle vacche all’ombra della statua del cavallo (morente) disegnata dallo scultore Francesco Messina.



Il Cda, oltre alla facoltà di fare le nomine editoriali (esempio: i direttori di Rai1, Rai2, Rai3), potrebbe riprendersi il potere di scelta su quelle non editoriali. Il che significherebbe che il direttore delle finanze o altre figure chiave della gestione aziendale e degli staff del presidente e del dg sarebbero frutto di accordi tra partiti attraverso i loro emissari a Viale Mazzini e non persone di fiducia dei vertici e con competenze adatte alla bisogna. Lo spirito dell’ultima stagione era all’opposto rispetto alle antiche pratiche di potere e così è anche la ratio della riforma della Rai delineata dal governo Renzi. Che punta a fare del dg un amministratore delegato vero e proprio, come esiste in tutte le imprese.



MIRACOLO «Non siamo dei passanti»: avverte Franco Siddi. «La prima questione da risolvere - incalza Diaconale - è quella delle deleghe a noi consiglieri».
Togliere al presidente e al dg, per esempio, la libertà di firma sui contratti fino a dieci milioni sarebbe un pessimo avvio. Ma non per i miracolati a cui non basta il prodigio che li ha portati dove sono.
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