LA CONFERMA DEL MINISTRO
Dunque a partire dalle prossime ore (l’applicazione informatica è disponibile da venerdì 24 aprile) le varie amministrazioni provinciali potranno iniziare ad indicare nome e cognome di coloro che non ritengono più necessari, data la riduzione delle proprie funzioni e il conseguente taglio del 50 per cento degli organici (limitato al 30 per cento per i grandi centri, che si stanno trasformando in città metropolitane). È questo l’obiettivo della nuova funzionalità inserita nel sito www.mobilita.gov.it che - secondo la dicitura inserita - «consente a ciascun ente di area vasta l’inserimento dei dati relativi al personale individuato quale destinatario della ricollocazione mediante procedure di mobilità».
Come si muoveranno le ex Province, oggi denominate appunto “enti di area vasta”? Sulla carta, gli elenchi dei dipendenti in esubero li avrebbero già dovuti compilare entro lo scorso 31 marzo, scadenza che però sostanzialmente non è stata rispettata. Anche per un’ambiguità della legge, che permetteva di interpretare queste liste non come elenchi nominativi ma solo di ruoli (tot tecnici, tot impiegati e così via). Ora invece si tratta proprio dei nomi, come ha confermato pochi giorni fa lo stesso ministro Marianna Madia rispondendo ad una interrogazione parlamentare.
QUATTRO PERCORSI
Cosa accadrà ai lavoratori in mobilità? Per loro i percorsi possibili sono quattro. Coloro che hanno un’età sufficientemente avanzata potranno essere avviati al pensionamento, anche anticipato in base ai requisiti in vigore prima della legge Fornero. Ci sono poi i dipendenti attualmente impegnati nei servizi per l’impiego, che dovrebbero essere assorbiti dalla nuova Agenzia nazionale, anche se il punto è ancora oggetto di discussione con le Regioni. Quindi i componenti della polizia provinciale, il cui destino è legato al riordino dei corpi di polizia, in via di definizione nell’ambito della legge delega di riforma della Pubblica amministrazione. Infine restano i dipendenti che dovrebbero effettivamente essere trasferiti, poco meno della metà dei 20 mila complessivamente interessati dal processo di mobilità. Il futuro di queste persone dipende in buona parte dalle scelte delle Regioni, chiamate a decidere con proprie leggi quali funzioni in precedenza gestite dalle Province intendano assorbire. Ma solo una parte finora ha provveduto. Sullo sfondo c’è quella che il governo ha sempre descritto come un’eventualità del tutto teorica, o addirittura inesistente: la perdita del posto di lavoro nel 2018, dopo i due anni previsti per questa procedura di ricollocamento e altri due di formale messa in mobilità, secondo quanto previsto dalla legge del 2001.
RISPOSTE IN STAND BY
La stessa applicazione informatica appena potenziata era già attiva da circa un mese, per l’inserimento da parte delle altre amministrazioni pubbliche dei propri fabbisogni di personale, per l’eventuale assorbimento dei lavoratori provinciali: la scadenza era fissata al 13 aprile, ma finora ha risposto meno del cinquanta per cento degli enti interessati. In particolare sono state lente nel provvedere proprio le Regioni, che dovrebbero essere destinatarie della parte più consistente del flusso; quasi totale invece l’adesione delle amministrazioni centrali.