Partiti poveri, rispunta il finanziamento pubblico, renziani e M5S contrari

Partiti poveri, rispunta il finanziamento pubblico, renziani e M5S contrari
di Antonio Calitri
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Domenica 21 Dicembre 2014, 23:51 - Ultimo aggiornamento: 23 Dicembre, 09:29
L’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, unito alla crescente sfiducia degli italiani per i tanti scandali che vedono come protagonisti i politici nostrani, sta mandando in bancarotta l’intero sistema. E di colpo quasi la totalità dei partiti (con eccezione dei renziani del Pd) chiede e studia modi per reintrodurre qualche finanziamento pubblico alla politica.



Con la norma voluta dall’allora premier Enrico Letta che ha sostituito il rimborso elettorale con il 2 per mille e ha messo un tetto di 100 mila euro alle elargizioni liberali, ai partiti stanno arrivando le briciole e le strutture per la politica stanno crollando. Con il caso più eclatante scoppiato qualche giorno fa in Forza Italia, una volta il partito più liquido grazie al denaro che metteva (e poteva mettere) Silvio Berlusconi ed ora costretto a fare a meno di 55 degli 86 dipendenti.



I CONTI

Ma le casse sono vuote in tutte le sedi della politica italiana e il 2 per mille che doveva dare una mano si è dimostrato un flop. Soltanto 16.518 italiani hanno deciso di firmare per il contributo ai partiti per un totale di 325 mila euro. Di questa somma, la parte più consistente, 199 mila euro andrà al Pd, 28 mila euro alla LegaNord, 24 mila a Forza Italia e 23 mila a Sel. Davvero briciole se si pensa che solo per il personale, Forza Italia spendeva 5,7 milioni di euro.



IL CONFRONTO

Così partiti e la società civile stanno provando a cercare strade nuove per far arrivare qualche denaro alla politica evitando, come ha sottolineato qualche giorno fa il presidente del Senato Piero Grasso, che diventi ostaggio delle lobby. Per Grasso è «necessario prevedere immediatamente regole certe su quello privato, regolamentando le lobby, costringendo i partiti e i movimenti alla trasparenza su ogni singolo finanziamento, vigilando soprattutto sul rischio che ve ne siano di illeciti».

E visto che, 2 per mille a parte, anche le elargizioni liberali fino hanno fatto flop, su queste pagine la settimana scorsa il professor Pellegrino Capaldo ha aperto il dibattito proponendo una norma per permettere a tutti e non solo ai più abbienti di poter finanziare la politica, prevista in un disegno di legge di iniziativa popolare che aveva raccolto centinaia di migliaia di firme e che «vuole attuare il principio che la politica debba essere finanziata con piccoli importi dal maggior numero possibile di cittadini. Ecco perché essa prevede un credito d’imposta, pari al 95% del contributo versato fino ad un massimo di 2.000 euro».



L’IDEA

I politici però più che mettersi in gioco sui finanziamenti privati adesso puntano a un parziale ripristino di quelli pubblici. E a metterci la faccia sarà ancora una volta Sposetti che anticipa al Messaggero che «a gennaio presenterò una proposta che trasferisce nella la legislazione italiana il regolamento europeo approvato nel marzo scorso con i suoi tre pilastri che prevedono il riconoscimento giuridico dei partiti europei, il finanziamento a sostegno dell’attività politica del partito europeo attraverso il bilancio del parlamento europeo e il finanziamento delle attività di formazione attraverso le fondazioni dei partiti europei».



Una proposta che dovrebbe trovare consensi visto che oggi la maggior parte dei partiti sono favorevoli alla reintroduzione di qualche finanziamento pubblico.

«Dopo un’esperienza diretta - ha detto qualche giorno fa la Rossi alla Stampa - penso che l’aver voluto eliminare il finanziamento pubblico stia mettendo a rischio la sopravvivenza di un’istituzione indispensabile per la democrazia» e ha lanciato l’appello a Berlusconi per «arrivare a iniziative legislative condivise per la reintroduzione di una qualche forma di finanziamento pubblico».



LE INIZIATIVE

Anche il coordinatore di Ncd, Gaetano Quagliariello «quella legge contiene degli elementi positivi e degli altri talebani. Bisogna considerarla una sperimentazione, fare un bilancio di cosa funziona e correggere quello che non va. Io parto dal principio che i partiti sono la cinghia di trasmissione tra i cittadini e lo stato. Che devono dare garanzie di trasparenza ma devono essere messi in grado di funzionare. Per questo più che al finanziamento pubblico indistinto penso a una serie di servizi che devono essere finanziati dallo Stato come gli affitti delle sedi, il costo delle bollette».



LE DIFFICOLTÀ

Una proposta per rimettere le lancette dell’orologio indietro arriva anche da Sel con il tesoriere del gruppo alla Camera, Gianni Paglia, che solo pochi giorni fa ha annunciato che a gennaio «proporremo di ripristinare il finanziamento pubblico». Per Marco Marsilio, tesoriere di Fratelli d’Italia, «i problemi di bilancio che stanno avendo gli altri partiti a causa del taglio dei fondi pubblici noi non li abbiamo perché essendo nati da poco abbiamo puntato al risparmio.



Abbiamo una sede nazionale di 5 stanze, il personale è tutto volontario e le spese che abbiamo sono coperte dai contributi dei militanti. Però è chiaro che con questi numeri un partito non può reggere e al massimo si può trasformare in un comitato elettorale intorno a un leader. Per noi il finanziamento non va abolito ma ridimensionato e vincolato al rispetto della democrazia interna ai partiti e al loro riconoscimento giuridico come previsto dall’articolo 49 della costituzione».
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