​L’assassino dell'orso confessa: «Ho sparato perché avevo paura»

​L’assassino dell'orso confessa: «Ho sparato perché avevo paura»
di Patrizio Iavarone
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Sabato 20 Settembre 2014, 01:42 - Ultimo aggiornamento: 21 Settembre, 12:06

Braccato, come una delle sue prede, non ha retto all'inseguimento e, dopo il sequestro di sei dei suoi otto fucili da caccia fatto dal corpo forestale dello Stato, ha confessato.

«Sono stato io a uccidere l'orso» ha detto al procuratore della Repubblica di Sulmona, Aura Scarsella, a cui ha chiesto ieri di essere ascoltato per rendere dichiarazioni spontanee. Antonio Centofanti, 61 anni operaio dell'Anas, ha scelto la casa di Ponte d'Arce, frazione di Pettorano sul Gizio, la stessa dove il 10 settembre aveva avuto un incontro ravvicinato con il plantigrado, per raccontare la sua storia: «Sono uscito con il fucile per difendere la mia famiglia - ha spiegato agli inquirenti - poi quando mi sono trovato davanti l'orso ho avuto paura e indietreggiando mi è partito un colpo. Non pensavo di averlo colpito poi quando lo hanno ritrovato ho capito che il colpevole ero io». Un incidente, dunque, così si giustifica l'uomo.

RACCONTO DA VERIFICARE

Ma il suo racconto è ancora tutto da verificare: la dinamica è dirimente per stabilire il dolo o la colpa. Le responsabilità. La sua versione originaria, d'altronde, era stata tutt'altra; tanto che l'uomo aveva fatto causa alla Regione e alla Riserva del Gizio-Monte Genzana per le lesioni riportate dalla caduta per sfuggire al plantigrado. E invece la vittima si è rivelata carnefice.

Un colpo di fucile, secondo gli inquirenti esploso da una trentina di metri (difficilmente compatibile con l'autodifesa), che ha ammazzato un animale protetto e ha scatenato l'indignazione e la rabbia degli animalisti, secondo i quali la pena che rischia il colpevole (dai 4 mesi ai 2 anni di reclusione) è troppo blanda. «Oltre l'animalicidio, bisogna contestargli anche il furto venatorio e la distruzione di specie protetta - incalza la Lav - ritirargli la licenza di caccia e il porto d'armi. Governo e Parlamento - continuano gli animalisti - integrino la legge 189 del 2004 prevedendo l'applicazione delle misure cautelari personali fondamentali per chi si macchia di tali delitti al fine di non farli reiterare».

«Il nostro ufficio legale sta seguendo passo dopo passo lo svolgersi delle indagini ed è pronto ad agire contro chiunque abbia compiuto questo crimine - gli fa eco l'Enpa - A fronte di tale gravissimo e inaccettabile episodio di bracconaggio, compiuto ai danni di una specie particolarmente protetta, l'Enpa torna a chiedere la creazione di presidi di sorveglianza e la sospensione dell'attività venatoria in tutti gli ambiti di caccia confinanti con il Parco».

CONVIVENZA DIFFICILE

Intanto, però, a Pettorano sul Gizio, corridoio faunistico fortemente antropizzato tra il Parco della Majella e quello d'Abruzzo, il problema della convivenza resta. In circolazione nell'area ci sono ancora due orsi e il Parco d'Abruzzo, dopo la direttiva del ministero che vieta l'uso di narcotici per munirli di radiocollari, ha dovuto disarmare le trappole e sospendere le operazioni di cattura. «Ho chiesto un incontro urgente - spiega il presidente del Pnalm, Antonio Carrara - l'unico modo per dissuadere gli orsi dalle abitazioni è monitorarli con il radiocollare. Altrimenti il rischio, per i cittadini e per gli orsi, resta».

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