Allarme Croce Rossa: «Via 20mila volontari»

Allarme Croce Rossa: «Via 20mila volontari»
di Carlo Mercuri
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Sabato 22 Novembre 2014, 22:34 - Ultimo aggiornamento: 24 Novembre, 13:55
Il maggiore con la divisa della Seconda guerra mondiale dritto sull’attenti davanti a una 1100 del 1939 è, nella vita di tutti i giorni, un professore universitario; il maresciallo con la tuta mimetica nell’ospedale da campo utilizzato in Iraq è padre di due bambini e di mestiere fa l’operaio; l’ufficiale di collegamento è un sottotenente, di professione giornalista.



Sotto le altre divise ci sono molti medici e infermieri. Chi sono questi signori? Sono volontari del Corpo militare della Croce rossa italiana, impegnati in questi giorni a illustrare al pubblico cenni della storia del Corpo, in una mostra ospitata nel complesso monumentale di Santo Spirito in Sassia grazie alla Asl Roma E.



E’ una storia che dura da 148 anni, perciò ne sono tutti orgogliosi. Le ambulanze trainate da cavalli ebbero il loro battesimo di fuoco nella battaglia di Custoza del 1866 e nel 1867 operarono nei campi di Monterotondo e Mentana. Oggi, nel momento in cui scriviamo, ci sono ambulanze della Croce rossa in Afghanistan per supportare il ripiegamento del contingente italiano, ci sono ambulanze della Croce rossa a Lampedusa, dove più di un centinaio di medici e infermieri in divisa ha partecipato all’operazione “Mare nostrum”, ci sono infine almeno cinque ambulanze in azione a Genova, per portare aiuti a quella popolazione ferita dall’alluvione. Bene, tutto questo sta per finire. E’ molto probabile che il Corpo militare della Croce rossa italiana non festeggi, il prossimo anno, il suo 149° anniversario.



LA DECISIONE NEL 2012

L’atto di morte del Corpo militare della Croce rossa è stato firmato con il decreto 178 del 2012 dall’allora ministro della Salute Renato Balduzzi, membro del Governo Monti. Siccome la Croce rossa ha accumulato negli anni ingenti debiti (è stata commissariata 8 volte dal 1982), l’ex ministro ne ha disposto sic et simpliciter la soppressione come Ente pubblico. Al suo posto nascerà una Società privata, con pochissimi dipendenti. Oltre alla privatizzazione è prevista anche la smilitarizzazione del Corpo militare.



LA SMILITARIZZAZIONE

I militari della Croce rossa (a parte le crocerossine, che non hanno lo status di militare e che non saranno toccate dal provvedimento) sono di tre tipi: i militari in servizio continuativo (cioè i militari professionisti), che sono 803; i militari con contratto a tempo determinato, che sono 175; in tutto queste due categorie assommano a quasi mille persone. Poi ci sono i militari del Corpo volontario, gente che nella vita svolge le professioni più diverse ma che, per puro spirito di volontariato, ha accettato di farsi militare sottoponendosi alle regole dello status, che sono quelle di obbedire alle norme della disciplina militare per non incorrere nelle punizioni previste dal codice penale militare.



LO SMEMBRAMENTO

Il decreto prevede che ai 175 militari a tempo determinato non venga rinnovato il contratto annuale (alcuni sono a contratto da 25 anni) e che gli 803 militari in servizio continuativo vengano smilitarizzati e messi in “mobilità non protetta”. Costoro sarebbero cioè costretti ad andare a cercarsi un lavoro per conto loro, immaginiamo con quante possibilità di successo. La catastrofe sociale aumenta se poi si rivolge l’attenzione al popolo dei ventimila, i volontari in divisa. «Costoro diverrebbero un’organizzazione acefala e senza più una direzione militare sarebbero destinati a scomparire», dice il maggiore Vito Failla, presidente del Cocer della Croce rossa militare.



Il quadro è apocalittico: i medici e gli infermieri che lavorano negli ospedali e che accettano di indossare gratuitamente la divisa per offrire un aiuto spontaneo alla collettività non ci saranno più. E non ci saranno più i professori universitari, gli impiegati e gli operai che si mobilitano ad ogni richiamo dell’Autorità militare, cioè dello Stato, e che formano il tessuto connettivo della Croce rossa, braccio operativo della Protezione civile nazionale. I volontari in divisa, peraltro, non accettano l’ipotesi che possa essere un privato a dare loro ordini: «Io non voglio indossare la divisa rossa dei volontari del soccorso - dice un ufficiale - Io voglio restare con la mia divisa militare. Mi mobilito solo se l’ordine mi viene dallo Stato, non da un privato».



SENZA AIUTI

Così l’Italia, silenziosamente, rischia di vedersi prossimamente orbata di una delle sue caratteristiche peculiari: l’attitudine alla solidarietà, la macchina - una delle poche che ancora funzioni - della generosità organizzata. «Se non interviene una modifica dell’assetto legislativo tante professionalità potrebbero scomparire, insieme allo stesso Corpo militare della Croce rossa», è il grido d’allarme del generale Gabriele Lupini, comandante del Corpo militare della Croce rossa. Una speranza la lascia il sottosegretario alla Difesa, Domenico Rossi: «Siamo nella fase dell’applicazione della legge; ora bisogna trovare soluzioni che salvaguardino l’operatività del Corpo e che tutelino la dignità del personale».
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