Commissariato il Cara di Mineo. L’Italia alla Ue: subito le quote

Commissariato il Cara di Mineo. L’Italia alla Ue: subito le quote
di Valentina Errante
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Martedì 1 Settembre 2015, 22:53 - Ultimo aggiornamento: 23:58
Sciolto «per motivi di interesse pubblico». La decisione arriva dal Viminale, dopo la bufera giudiziaria che ha travolto il Cara di Mineo. È stato il capo del dipartimento per l’Immigrazione e le Libertà civili, Mario Morcone, a rescindere il contratto con il consorzio “Calatino Terra d’accoglienza” e ad affidare direttamente al prefetto di Catania la gestione del Cara, annunciando che potrebbe essere costituita «un’apposita struttura» per amministrare il Centro.



IL DOCUMENTO Ieri, intanto, in un vertice a Palazzo Chigi, il premier Matteo Renzi, i ministri dell’Interno, degli Esteri, della Difesa e gli staff tecnici hanno fatto il punto in vista del vertice straordinario sull’immigrazione previsto a Bruxelles il 14 settembre. Un linea comune: bloccare le rigide procedure previste dall’Ue negli hotspot dall’Agenda europea se non partirà anche la “relocation” dei migranti eritrei e siriani. La decisione di sciogliere la convenzione con il Consorzio formato da sei comuni, delegati dal ministero a gestire il Cara di Mineo, è arrivata pochi giorni fa. Due dei sindaci, Anna Aloisi (Mineo) e Marco Aurelio Sinatra (Vizzini) sono stati iscritti sul registro degli indagati della procura di Catania, insieme al direttore generale e altre tre persone, per l’appalto da 100 milioni di euro, già bocciato dall’Authority Anticorruzione e finito al centro delle inchieste giudiziarie. Scrive Morcone: «Si concorda con le valutazioni del Gabinetto del ministro in merito all’opportunità, da parte di codesta prefettura, considerata la complessità e la delicatezza della questione, di procedere al recesso anticipato, dell’accordo del 20 dicembre 2013, per sopravvenute ragioni di ordine pubblico».



Nella lettera al prefetto di Catania, Morcone aggiunge: «Questo Dipartimento non mancherà di fornire tutto il supporto necessario per coadiuvare codesta prefettura nelle conseguenti onerose incombenze della gestione diretta del Centro, anche contribuendo all’adozione di un provvedimento ministeriale di costituzione di un’apposita struttura di sostegno nella gestione stessa». Il contratto, oggetto di numerose proroghe, sarebbe scaduto alla fine del 2016.



IL VERTICE La linea è comune: l’Agenda Juncker, già modificata e approvata dal Consiglio a luglio, non può trovare applicazione soltanto parziale. È stato questo l’oggetto dell’incontro di ieri tra Matteo Renzi, il ministro dell’Interno Angelino Alfano, quello degli Esteri Paolo Gentiloni e il ministro della Difesa Roberta Pinotti. Un vertice in vista del Gai straordinario (ministri europei di Giustizia e Affari interni) del 14 settembre.



Nessun dubbio sul fatto che i cinque hotspot, centri di identificazione dove sono previsti i “controlli” di Frontex e dell’Easo, potranno funzionare solo quando comincerà la “relocation”, ossia la redistribuzione dei richiedenti asilo prevista dall’Agenda.
Secondo il principio di volontarietà, approvato dal Consiglio, ai 40mila da redistribuire sul territorio (24mila dall’Italia e 16mila dalla Grecia) manca l’adesione per 7.500 persone. Ma per il Governo non è possibile far partire soltanto una parte del programma. Un punto sul quale l’Italia intende dare battaglia. E, dopo i fatti di ieri, sembra tramontare l’ipotesi di inserire l’Ungheria tra chi cederà una quota di profughi ai partner europei.
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