Borromini, ecco le carte segrete: in mostra documenti mai visti che raccontano la vita di un genio

Borromini, ecco le carte segrete: in mostra documenti mai visti che raccontano la vita di un genio
di Laura Larcan
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Sabato 25 Aprile 2015, 22:53 - Ultimo aggiornamento: 26 Aprile, 19:01
«Io Francesco Borromino architetto, mentre attendevo alla stesura del testamento, ebbi un alterco con Francesco Massari (capomastro e assistente, ndr.) il quale, per seguire le raccomandazioni del medico, mi impose di spegnere il lume e riposare. Destatomi all’alba, di fronte all’ostinato rifiuto del servente di accendere il lume, ed essendomi entrata addosso l'impatienza, mi gettai sulla mia spada». Una ferita mortale. È il luogotenente sostituto del Tribunale Criminale del Governatore a verbalizzare la confessione del sommo Borromini sul letto di morte. Era la notte tra l’1 e il 2 agosto del 1667. Borromini era agonizzante da 24 ore. Il tempo in cui lo visita il chirurgo del Santo Spirito. Sono gli ultimi momenti della vita di un genio assoluto, l’architetto “spirituale” del Barocco romano che, come scriveva il biografo Baldinucci «Stimò molto l'arte sua, per amor della quale non perdonò a fatica».



LE ULTIME ORE

E la testimonianza diretta di quelle ore, vergata su carta, è uno dei preziosi documenti originali, manoscritti e iconografici, disegni a sanguigna e a lapis, tutti restaurati, che riguardano la vita di Borromini (1599-1667) che l’Archivio di Stato di Roma svelerà per la prima volta in una mostra imperdibile, curata da Orietta Verdi, dal titolo La Fabbrica della Sapienza. L’Università al tempo di Borromini, dal 29 aprile, nell’ambito della rassegna Barocco a Roma. La meraviglia delle arti, organizzata da Fondazione Roma Arte-Musei. Cuore dell’evento espositivo è la complessa biografia di Borromini ricostruita in stretto rapporto al cantiere della Sapienza, sede dell’antica (e prima) università romana, il cui gran finale architettonico si deve proprio al suo estro, dopo due secoli di lavori guidati da Pirro Ligorio e Giacomo della Porta. «Nordico, originario del Canton Ticino, Borromini è un personaggio dalla vita e carriera complessa - racconta Orietta Verdi - Ha avuto la sfortuna di vivere nell’epoca di Bernini, tutta un’altra indole e carattere, ricco, alla moda, sapeva piacere a tutti. Borromini è più introverso, eppure ha una incredibile genialità, e una forte unica tensione spirituale. Le linee torte della sua architettura diventano solo tensione spirituale ma mai puro edonismo». Ed a proposito della sua rivalità con Gian Lorenzo Bernini, la mostra regala una “carta” inedita, il cui ritrovamento nei registri storici dell’Archivio si deve a Michele Di Sivo. Un sonetto contro Borromini. «La mattina del 2 dicembre del 1650 - dice Orietta Verdi - un informatore del Tribunale criminale del Senatore di Roma denunciò l’affissione di questo libello alla “guglia”, ossia all’obelisco che un tempo spiccava davanti alla chiesa di San Bartolomeo de’ Bergamaschi a San Macuto in via del Seminario, e poi nel 1711 spostato al Pantheon. Nella sua relazione il notaio dichiara di aver “trovato una quantità di gente che stavano legendo una carta”». Il testo è spassoso. «Piangete tetti, e sospirate mura, per gli oltraggi che vi fa un Architetto senza Architettura, che fa stanze di topi e i precetti dell’Arte poco cura. Si fa chiamar il gran Borromino, si fa uguale al Bernino, ma se la mano si mettesse al petto, farebbe il manual, non l’architetto». Tra le carte del Borromini anche il leggendario testamento. Il secondo, perché il primo fu distrutto dall’artista. «Alla fine della sua vita cadde in depressione, le cronache lo definiscono ipocondriaco - evidenzia la Verdi - A pesare fu la morte nel luglio del 1667 dell’amico carissimo Fioravante Martinelli tipografo e antiquario, cui aveva lasciato tutto nel suo primo testamento». Lo riscriverà quella notte fatidica tra l’1 e il 2 agosto. «Il testamento di Borromini era ridotto a brandelli, l’abbiamo salvato - dice Orietta Verdi - Lascia erede suo nipote, a patto che si sposi con la figlia del Maderno, suo padre d’arte, con cui viene a Roma e inizia la carriera nella fabbrica di San Pietro».



TESI DI LAUREA

Di Borromini sfilano, restaurate, tutte le carte legate al cantiere della Sapienza, ci sono i disegni architettonici che esplorano l’anima visionaria e ardita dell’architetto, ma anche la sua indole pratica, come i biglietti di pagamento agli scalpellini per i lavori alla Sapienza (uno a lapis, uno a inchiostro). E non solo. Perché la mostra è costruita sul Fondo dell’università Sapienza, un corpus di documenti che svela la vita di questo campus millenario. Ci sono testimonianze delle musiche e dei cori che si eseguivano nelle discussioni delle tesi. I sistemi didattici e i grandi scienziati che hanno insegnato a partire da Copernico fino a Benedetto Castelli illustre collaboratore di Galilei. Fino al focus sui protagonisti del Barocco, Bernini e Pietro da Cortona. Un colpo di vertigine.