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C’è un’Italia che va. Che corre, che vola. È quella dei motori. In una felice domenica di inizio primavera il rombo tricolore avvolge il mondo e l’inno di Mameli suona la mattina in Malesia e in serata nel Golfo. Azzerato lo spread della tecnologia, il pil della velocità schizza in alto. Era tempo che non accadeva.

Una doppietta del genere non era nelle speranze nemmeno del più accanito dei tifosi. A Sepang Vettel ha mostrato gli occhi da tigre ribaltando un pronostico che pareva già scritto: battere in pista le Stelle di Stoccarda, sverniciare le apparentemente invincibili Frecce d’Argento senza l’aiuto della fortuna, di guasti meccanici o incidenti dei rivali. A fenomeno risponde fenomeno. Sulla pista amica di Losail Valentino Rossi domina la prima gara dell’anno e, udite udite, si porta dietro sul podio altri due piloti italiani in sella ad un bolide che nasce nel Belpaese: le Ducati di Dovizioso e Iannone riescono a precedere l’altra Yamaha di Lorenzo e, addirittura, le due Honda di Marquez e Pedrosa finora considerate le Stelle delle due ruote. Passione, entusiasmo, tecnologia e la determinazione a non arrendersi mai sono i valori comuni che uniscono i due trionfi con i mondiali di F1 e di MotoGP che si tingono improvvisamente di rosso. Valentino è un caso a parte, un pilota già entrato nella leggenda: alla ventesima stagione nel Motomondiale punta a vincere il decimo titolo per poi continuare a correre, magari fino a 46 anni, come il magico numero che ha accompagnato le sue vittorie. Le altre sono storie più complesse, di aziende globali, investimenti, finanza, pianificazione, ma di intenso profumo italiano. Se in F1 i tedeschi sono gli avversari, sull’altra faccia della luna rappresentano fedelissimi alleati poiché la rossa a due ruote è uno dei fiori all’occhiello del potente Audi Group che a sua volta fa parte dell’ancora più grande Gruppo Volkswagen.

Quello che ha fatto la Ferrari è il suo profeta Vettel ha dell’incredibile. Per realizzare il sogno della sua vita (saltare come l’amico Schumi con la tuta rossa sul podio e “dirigere” l’inno italiano in mondovisione) ha impiegato appena due gare, mentre a Michael, nell’ormai lontano 1996, ne servirono sette. Comunque vada è stato un successo, la cura Marchionne ha funzionato dando risultati straordinari. Eh sì, come ha sottolineato il Team Principal Arrivabene sono «oltre mille» i protagonisti del folgorante recupero ma, risalendo la catena di “comando e controllo”, si arriva al nuovo Presidente, quello che ha voluto la svolta e ha ristrutturato la squadra esternando ottimismo con cautela anche quando lo scenario appariva disperato. Nessuna polemica con la vecchia gestione, l’ex numero uno Montezemolo resta l’artefice della più lunga e gloriosa serie di successi del Cavallino, il manager che ha proiettato la scuderia di Maranello ai vertici dello scenario globale facendola diventare il simbolo più luminoso di tutta la tecnologia made in Italy. Ed è stato il primo a congratularsi (sinceramente) con gli ex suoi ragazzi. Ma è evidente che serviva una svolta e Re Mida Marchionne è riuscito a realizzarla con un’operazione lampo, un blitz. L’inventore di Fca, il manager che sta riaprendo le fabbriche di auto italiane andando a vendere i gioielli tricolori in America e in Cina, è riuscito a riportare la Ferrari ai vertici in pochissimo tempo, molto meno di quanto da lui stesso ipotizzato. Nei prossimi mesi Ferrari sarà scorporata da Fca e andrà in borsa correndo con le proprie gambe. Questo progetto ha mandato alle stelle il titolo Fca (il valore è più che raddoppiato in sei mesi) e darà grande “spessore” anche alle azioni Ferrari. «Sette miliardi di euro per la Ferrari? Che ci faccio, mi aspetto di più...», ha dichiarato il manager parlando della prossima capitalizzazione a Wall Street di Maranello. Così, soldi portano soldi e il ritorno alla vittoria in F1 farà salire ulteriormente le quotazioni.

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Domenica 29 Marzo 2015 - Ultimo aggiornamento: 30-03-2015 08:07
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