Bancari in sciopero per il contratto: sportelli chiusi

Bancari in sciopero per il contratto: sportelli chiusi
di Giusy Franzese
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Martedì 27 Gennaio 2015, 19:14 - Ultimo aggiornamento: 30 Gennaio, 11:54
Niente operazioni bancarie allo sportello venerdì 30 gennaio. I lavoratori del comparto incroceranno le braccia e scenderanno in piazza per protestare contro la decisione dell’Abi, l’associazione delle banche italiane, di disdettare unilateralmente il contratto nazionale con effetto dal primo aprile prossimo. Per rendere ancora più visibile la loro mobilitazione in tanti - le stime parlano di almeno 15.000 persone - si sono dati appuntamento in 4 città (Milano, Ravenna, Roma, Palermo) dove sono previsti i comizi dei principali leader sindacali. «Il vero obiettivo dell’Abi - affermano le otto sigle sindacati promotrici dello sciopero - è quello di smantellare il contratto nazionale di categoria e le tutele contrattuali vigenti, sostituendo con contrattazioni azienda per azienda, che creerebbero un'enorme disparità di trattamento economico e normativo tra i lavoratori e le condizioni per ulteriori e selvaggi tagli di posti di lavoro.



Il contratto nazionale della categoria, che interessa 309.000 lavoratori, è scaduto lo scorso anno: era stato anche avviato un tentativo di confronto poi la trattativa si è arenata. «Se le banche non cambiano atteggiamento, andremo avanti a oltranza chiedendo l'intervento del governo e del presidente Renzi. Sarà lotta dura» afferma Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi.



In questi anni di crisi e di riorganizzazione del comparto, la categoria ha subìto forti ridimensionamenti sia nel numero complessivo di lavoratori che a livello economico. Secondo i dati forniti dai sindacati in conferenza stampa, dal Duemila ad oggi si sono persi 68.000 posti di lavoro e circa 800 euro a persona di salario contrattuale. Di contro - accusano ancora i sindacati - i top manager hanno incrementato il loro stipendio di 600.000 euro l’anno, allargando la forbice tra il vertice e la base. «Un banchiere guadagna mediamente 3,7 milioni l'anno, quanto 150 giovani apprendisti tutti insieme» denuncia il segretario generale Fisac, Agostino Megale. Che continua: «Per un bancario in media ci vogliono circa 100 anni per guadagnare quanto un amministratore delegato percepisce in un solo anno. Dal 2000 ad oggi i banchieri hanno aumentato al giorno il proprio compenso di 1.650 euro mentre i bancari sono fermi al salario di 15 anni fa».



I dati sulle retribuzioni dei top manager però sono smentiti dall’Abi che, citando elaborazioni su dati aziendali e rilevazioni della Banca d’Italia sul cosiddetto “personale più rilevante” (0,46% dell'organico aziendale complessivo del campione preso in esame), indica invece una retribuzione totale annua media pro capite nel 2013 di 245.400 euro. Gli amministratori delegati sono la componente di questo ristrettissimo gruppo cui va la retribuzione media più elevata: 703.000 euro con un massimo di 1,379 milioni e un minimo di 297.000. L'Abi precisa inoltre che le rilevazioni sono basate su un campione di 435.000 lavoratori italiani ed esteri, oltre il 90% del personale delle aziende e dei gruppi bancari italiani che operano in Italia o all'estero. Nel dettaglio, nel 2013 la componente fissa della retribuzione del top management delle banche è risultata pari a 187mila euro, mentre la quota variabile si è attestata a 58.400 euro (di cui 29.900 euro relativi a obiettivi 2013). Tali valori descrivono un rapporto del 31% della quota variabile sulla componente fissa della retribuzione.



Oltre alla difesa del contratto nazionale e del potere d’acquisto, i sindacati del credito sono molto preoccupati anche per gli effetti del decreto di riforma delle banche popolari. Secondo Assopopolari potrebbe provocare la perdita di ventimila posti di lavoro in due anni. «In due anni - si legge in una nota - il provvedimento determinerà una contrazione pari a 3 punti percentuali di Pil, un calo dei crediti a clientela di 80 miliardi di euro di cui 25 miliardi per le famiglie e 55 per le imprese». In una lettera inviata al premier Renzi, al presidenti Abi Antonio Patuelli e al presidente Federcasse Alessandro Azzi, i sindacati quindi hanno espresso le loro «riserve» e perplessità sul decreto evidenziando la necessità di «approfondire meglio opportunità e rischi del percorso avviato», attraverso un «ordinario iter parlamentare».

I dati, si legge nel testo, «ampiamente verificati e pubblicati in questi giorni circa l'effettivo maggior contributo delle Popolari all'economia reale del Paese rispetto alle concorrenti Spa» indicano che «esse rappresentano un esempio, quasi sempre, molto virtuoso di democrazia economica realmente praticata».



Tra i pericoli alle porte anche quelli speculativi. Il provvedimento - allertano i sindacati - determinerebbe «l'inevitabile rischio che aziende, che costituiscono il principale riferimento per le famiglie e per le piccole e medie imprese italiane, cadano nelle mani di quei colossi bancari internazionali che, negli anni, anche in questi ultimi, hanno dato prova di totale insensibilità sociale, concentrando, diversamente dal sistema bancario italiano, i propri interessi su attività di finanza speculativa e predatoria». «Gli esami della Bce - osservano infine i sindacalisti - hanno evidenziato che il sistema bancario italiano ha particolari rischi in due società per azioni, non nelle Popolari».



Per quanto riguarda le manifestazioni di venerdì, a Milano ci sarà un corteo che dalla sede dell'Abi raggiungerà piazza della Scala, dove si terrà un comizio con la leader Cgil ,Susanna Camusso, e il segretario generale Fabi, Sileoni. A Ravenna, il corteo percorrerà un percorso da piazza Farini a piazza del Popolo, dove si terrà il comizio con Megale e il segretario confederale Cisl, Piero Ragazzini. A Roma, l'appuntamento è davanti alla Basilica di Santa Maria Maggiore con il comizio del nuemro uno Uil, Carmelo Barbagallo, e il segretario generale Fiba Cisl, Giulio Romani. Infine a Palermo, davanti al Teatro Massimo, con il comizio del segretario Uilca, Massimo Masi.