Squinzi all'Expo sprona Governo: «Le pmi chiave di svolta per l'Italia»

Squinzi all'Expo sprona Governo: «Le pmi chiave di svolta per l'Italia»
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Giovedì 28 Maggio 2015, 19:05 - Ultimo aggiornamento: 30 Maggio, 09:49
È un lascito molto politico quello del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi alla sua ultima assemblea pubblica da presidente prima della fine del mandato.

Da una parte, sprona il Governo a continuare a lavorare sulle riforme e a non perdere la determinazione; dall'altra, invita i sindacati a ragionare su nuove relazioni industriali e modelli che, prediligendo la contrattazione di secondo livello, aumentino la competitività delle imprese e delle pmi italiane, «chiave di svolta» per la ripresa del Paese.



Se il presidente di Confindustria potrà contare sull'appoggio della Uil di Carmelo Barbagallo («siamo sulla stessa linea») e della Cisl del segretario Anna Maria Furlan («siamo pronti a sederci a un tavolo per un cambiamento»), riceve repliche più fredde dal segretario generale della Cgil: Confindustria, sul tema «non ha proposto soluzioni innovative», sottolinea Susanna Camusso, anche se è necessario «che si sblocchi una situazione che da lungo tempo è incerta che è quella dell'erga omnes dei contratti nazionali».



Quella di Confindustria, tuttavia, è «la ricetta più antica del mondo e cioè quella della riduzione dei salari». Squinzi usa l'espressione 'mettere ordine' per parlare delle regole sulla contrattazione alla vigilia della stagione dei rinnovi. «Dobbiamo - dice davanti alla platea di 2mila invitati - recuperare competitività e la contrattazione collettiva deve sostenere gli sforzi che si compiono in questa direzione. I legami fra dinamica dei salari e i miglioramenti della produttività devono essere resi più forti e stringenti».



In molto casi, in particolare, «le imprese e i lavoratori condividono già a livello aziendale, attraverso i premi di risultato, i miglioramenti raggiunti. Questo tipo di contrattazione è utile alle imprese e alle persone che vi lavorano e i contratti collettivi nazionali devono incoraggiare - continua - ad andare in questa direzione». Quello che conforta il presidente, al di là delle relazioni con i sindacati, a cui chiede di trovare un pò più di sintonia, sono «i segni di risveglio e gli accenni di crescita» del Paese, grazie anche alle riforme in corso.



Tuttavia, «il crinale tra crescita e stagnazione è assai sottile, perciò i germogli del cambiamento che si vedono vanno protetti e difesi». Sicuramente, il manifatturiero e le pmi italiane vanno messe al centro perché saranno «i campioni dei prossimi decenni». Constatato come la politica industriale sia tornata «al centro» delle agende dei Governi di mezzo mondo, anche la finanza deve fare la sua parte. Sulle pmi «va fatta una riflessione attenta con il sistema finanziario, perché su questo ci giochiamo una parte rilevante del futuro del nostro Paese. Per questa categoria di aziende - spiega - va disegnato un abito su misura, adatto alla gara che devono correre, fatto di credito e finanza, di ulteriore sostegno sui mercati esteri, di ricerca e innovazione con un fondo speciale a loro dedicato, di formazione a tutti i livelli che dobbiamo strutturare con i nostri fondi bilaterali».



Da presidente industriali delusione per politica Ue. La delusione di Squinzi è tutta per l'Unione europea. Da «europeista convinto», il presidente di Confindustria ammette che quella di oggi è un'Europa che non gli piace: è diventata un'istituzione che punta più sul rigore che sulla politica, più sulla Bce che sulla dignità lasciata dai Padri Fondatori. «L'Europa fa fatica a tenere il passo dell'innovazione su scala globale. È - riconosce - pesante, lenta e divisa». A un anno dalle elezioni del Parlamento di Strasburgo, «poco è cambiato e gli investimenti che si attendevano languono». In più, sarebbe necessaria una «maggiore chiarezza sui 300 miliardi d'investimenti del Piano Junker, che potrebbero dare respiro e occupazione alle economie dei singoli Paesi».



In generale, «a oggi la sola istituzione che agisce davvero per l'integrità e il rilancio dell'economia è la Bce guidata da Mario Draghi. È superfluo precisare che questa non può sostituirsi all'Unione degli Stati.
Perciò - è il suo monito - non c'è alternativa, occorre un colpo d'ala» della politica, perché «senza un progetto politico e una visione comune, l'Europa stenterà a essere un interprete autorevole della scena geopolitica mondiale». E nel caso ci riuscisse, «l'Italia ha la credibilità per essere leader di una nuova stagione comunitaria».
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